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lunedì 15 febbraio 2010

Soffocati dalla plastica

Marocco (sud est), plastica nel deserto. Cane cerca cibo in un cumulo di rifiuti vicino a Mandawa, Rajasthan India.

Di Patrick Colgan

Sacchetti di plastica si possono trovare nello stomaco di capodogli spiaggiati o in un’immensa isola galleggiante nell’oceano pacifico. Ma anche nei deserti o in immense pile ai margini delle città del terzo mondo. La maggior quantità di rifiuti di plastica arriva naturalmente dai paesi più industrializzati. Ma sono soprattutto i paesi più poveri a rischiare di soffocare sotto una montagna di plastica. Perché la gente non conosce i danni che produce, o ha cose più importanti a cui pensare nell’immediato. Come alla propria sopravvivenza, per esempio.

Ho visto i danni della plastica in India. In Rajasthan in particolare, dove il tè nei villaggi non viene più servito in bicchieri di vetro, costosi da lavare e fragili, ma in quei bicchieri che chiamiamo in maniera così rassicurante ‘di carta’, ma che in realtà sono di plastica. Bevuto il tè vengono gettati nelle fogne a cielo aperto che corrono lungo le strade. Se guardi perplesso, con la tua costernazione di occidentale, il più delle volte ti viene risposto con un largo sorriso: ”This is India!”.

Certo, è India anche vedere immensi cumuli di immondizia, capre e mucche che masticano sacchetti di plastica, fogne intasate che allagano le strade di acqua putrida, con le immancabili bottiglie di pvc che galleggiano. Montagne di spazzatura che rappresentano, solo in parte, anche una fonte di sostentamento. I bambini delle caste inferiori rovistano nella spazzatura alla ricerca di materiali da riciclare, bottiglie soprattutto e li vedi girare carichi di spazzatura sulle spalle o sui carretti. Quello che non interessa però resta lì, o viene trasportato lontano dal vento: nelle campagne e nei corsi d’acqua.

Come in Marocco. Nei paesi fuori dalle grandi città la plastica viene gettata insieme al resto della spazzatura in cumuli ai margini dei centri abitati. Il resto del lavoro poi lo fa proprio il vento, trasporando sacchetti di plastica per chilometri e chilometri nel deserto. La distesa di sabbia è punteggiata di chiazze nere, bianche e blu. Posso solo immaginare l’esercito che sarebbe necessario per ripulire aree così vaste. Se non ci penserà l’uomo ci penserà la natura, ma ci vorranno alcune centinaia di anni.

Forse tutto questo avrà fine: l’Europa e altri Paesi stanno bandendo i sacchetti di plastica. Noi, per distinguerci come sempre, abbiamo rinviato il divieto di un anno.

Patrick Colgan-post tratto dal suo Weblog Orizzonti

1 commento:

  1. Grazie per aver ripreso il mio articolo su questo blog che non conoscevo ma che trovo interessante e meritevole.

    Però vi devo fare un appunto: una buona norma sarebbe mettere un vero link ai blog dei quali si riprendono gli articoli, oltre a citare la fonte.

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