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sabato 28 novembre 2009

Quanti tranelli sul fronte ambiente!





di Daniele Bordoni

Non bisogna fare la cosa “giusta” nel modo “sbagliato”. Non esiste un utilizzo “giusto” dei sacchetti di plastica per la spesa, ma solo un utilizzo inopportuno e dannoso, per le abitudini e per l’ambiente.


Nel dibattito circa l'uso dei sacchetti "shopper" di plastica vanno chiariti due punti fondamentali.

Il primo punto è che riciclabile non significa "biodegradabile". Tutto si degrada col tempo, anche le scorie nucleari, ma si tratta di quanto tempo e quanta capacità di produzione e di accumulo esistono prima del degrado biologico.
Anche materiali come il "MaterBi" hanno i loro tempi, anche se inferiori agli altri, ma se la capacità di creare nuovi rifiuti cresce con una progressione esponenziale, neppure ciò che è biodegradabile in breve tempo riuscirà a risolvere il problema.

Il secondo punto è che non si può "fare bene la cosa sbagliata". Produrre sacchetti di plastica e consumarli gettandoli via non va bene per l'ambiente e questo cominciamo a capirlo. Ma utilizzare quelli di MaterBi, non va concettualmente bene comunque, perché non cambia le abitudini della gente e porta al consumo per il consumo e all'accumulo di rifiuti. Non si può "fare bene la cosa sbagliata", occorre fare bene la cosa giusta. In altre parole utilizzare le vecchie e tradizionali borse della spesa, che duravano quasi tutta la vita.

Oggi ho notato una borsa in iuta con il marchio (piccolissimo e all'interno) di una ditta produttrice di alimenti. Questo fa capire due cose: una è che anche le aziende cominciano a comprendere che aiutare l'ambiente è una politica che paga anche in termini di vendite, per l'effetto immagine dell'operazione. L'altra è che facendo il marchio molto piccolo, come l'etichetta interna di un vestito (o di una borsa), da quel senso di "discrezione" che non fa apparire troppo "commerciale" l'iniziativa.

Infine per tornare al materiale biodegradabile, fabbricare sacchetti in MaterBi significa utilizzare amido di mais, grano e patate, ma significa anche in una prospettiva di utilizzo massiccio, sottrarre enormi spazi coltivabili al nutrimento, affamando ulteriormente i popoli meno fortunati del cosiddetto Sud del Mondo.

I sacchetti MaterBi non vanno di per sé male, se utilizzati per il loro scopo originario, quello di contenere l'umido degli scarti domestici, quindi un utilizzo limitato, ma non vanno bene come sostitutivi dei sacchetti del supermercato, come non va bene un'abitudine sbagliata.

Le abitudini sbagliate vanno cambiate. Di conseguenza, iniziamo noi il cambiamento, prendendo e utilizzando le borse della spesa durevoli e rifiutando i sacchetti al supermercato. Il nostro comportamento costringerà queste aziende, sempre attente al comportamento dei propri consumatori ad agire di conseguenza e a cominciare a ridurre l'utilizzo di "shopper" e le ditte produttrici, a ridurre le quantità prodotte, spingendosi magari in direzione del recupero e riutilizzo dei materiali usati.

Ci sarebbero alcune altre osservazioni da aggiungere. Prima di tutto come ridurre le confezioni, le coperture in plastica trasparente, le vaschette alimentari, le scatole, soprattutto in materiali misti (plastica e cartone, come nelle paste) nella grande distribuzione. È vero che si è iniziato una sorta di self-service della frutta e verdura che il cliente prende e pesa da solo, ma sempre riponendola in sacchetti di plastica. Perché non fare un altro passo e usare sacchetti di carta, più vicini alla tradizione dei vecchi negozi di quartiere?

Infine c’è il problema del vetro. Il vetro può essere riutilizzato a lungo e così fa certamente meno danni all’ambiente ma purtroppo oggi si va nella direzione del vuoto a perdere. La rifusione del vetro, dagli contenitori appositi, sempre che vi venga riposto e non sia addirittura gettato e disperso altrove, comporta di nuovo emissioni di CO2 nell’atmosfera e quindi di nuovo danni ambientali.

Un’azione importante viene svolta in proposito dall’Associazione dei Comuni Virtuosi, un’iniziativa che tende allo scopo di instaurare e far crescere le buone abitudini e viene evidenziata con chiarezza attraverso la Campagna “Porta la Sporta” i cui dettagli sono ben illustrati attraverso il sito.

Far comprendere, diffondere le buone abitudini, far crescere questa forma di consapevolezza delle proprie azioni è l’unica strada possibile davanti a noi.
Occorre cambiare la cultura dell’usa e getta in favore di un “conserva e riusa”, ma anche nel non usare le cose che non servono, come molte confezioni, che oltre all’impatto ambientale, costituiscono un obiettivo ingombro e fastidio per tutti.

di Daniele Bordoni

28 Novembre 2009 Teatro Naturale n. 42 Anno 7

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